titolo: Presenze femminili nell’arte, nella letteratura, nella società attraverso il tempo
cliente: Comune di Vicenza
data: 07 marzo-21 aprile 2003


 

martina-rini-dolp-dove-osano-le-parole-basilica-palladianaLa mostra Presenze femminili nell’arte, nella letteratura, nella società attraverso il tempo è stata ideata ed organizzata da dolp_dove osano le parole in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e l’Assessorato alle Pari Opportunità di Vicenza.
L’iniziativa – ospitata nel prestigioso contesto della Basilica Palladiana – aveva l’obiettivo di far conoscere voci, vite, idee, iniziative, opere artistiche di donne vicentine, per nascita o d’adozione, che, nel corso dei secoli, hanno spesso anticipato, in modo quasi profetico, i tempi, superando pregiudizi e sfidando le convenzioni ma, soprattutto, hanno sempre avuto il coraggio di affermare sé stesse in una società che certo non favoriva, quanto la nostra attuale, questo tipo di atteggiamento.
Un’antologia di figure femminili attraverso i secoli per tracciare un percorso al femminile nella letteratura e nell’arte, per segnalare come anche nel vicentino le donne non siano mancate mai di coraggio, di intraprendenza e di sensibile creatività. Una mostra frutto di studi, di ricerche letterarie e di scoperta delle artiste, retaggio incompleto ma prezioso, che vuole essere un segno perché ci si ricordi di figure troppo spesso dimenticate o la cui visibilità è talvolta offuscata dalla mancanza di attenzione del mondo d’oggi.

Un percorso cronologico, dal passato al presente, racconta le storie:

Bianca De Rossi è un mito prodotto dall’immaginario collettivo nato nelle terre vicentine. Era il 1200 quando l’ultimo degli Ezzelini attaccò i bassanesi asseragliati entro le mura e li sconfisse. La furia omicida risparmiò solo Bianca, di cui Ezzelino s’innamorò ed ella, fingendo di assecondare l’abbietta passione, chiese ed ottenne la grazia di visitare la tomba del marito, trucitato durante l’assedio e lì si uccise.

Durante il secolo successivo, Fiore Polcastri era badessa del monastero di San Pietro. Riuscì a riassettare il consistente patrimonio del monastero liberandosi di molte decime sparse nel territorio ed investendo nelle località di Grumolo, Sarmego, Rasaga e Lerino, proprietà che puntualmente percorreva a cavallo con altre consorelle.

Nel 1465, morì la venerabile Eufrosina Orefice, suora del monastero di San Tomaso. Ricordata dagli storici del tempo con il titolo di beata, non lo divenne probabilmente perché il procedimento del culto non avvenne o si interruppe. Ebbe tuttavia il riconoscimento spontaneo della santità per tributo popolare, tanto che la sua festività appariva nel calendario ecclesiastico locale.

L’apice del Cinquecento al femminile è rappresentato dalla produzione letteraria di Maddalena Campiglia, che attraverso i suoi scritti e la sua stessa vita sublima l’indipendenza della donna dal potere maschile attraverso la verginità, della quale l’incarnazione per eccellenza è la Madonna. Lodata da Torquato Tasso, assidua frequentatrice dei salotti culturali vicentini, affrontò temi delicati come l’amore omosessuale “donna amando pur donna essendo”.

Tentare di descrivere Maria Montecchi è un compito quasi impossibile poiché, come tutti i poveri del suo tempo, non ha lasciato alcuna traccia scritta del suo passaggio. Di sicuro sappiamo che fu giustiziata nel 1648 per aver capeggiato la rivolta popolare avvenuta nell’agosto dello stesso anno, la cosidetta Rivolta dei grani.

Il secolo XVIII registra numerose presenze femminili, soprattutto perché cambiano i tempi e aumentano le possibilità di lasciar traccia del proprio operato. Nella metà del Settecento nasceTeresa Ventura, la cui fama di cantante ed attrice era tale da riempire i teatri veneziani. Sposò in seconde nozze il nobile patrizio Alvise Venier e la loro casa divenne un tempio delle arti e delle lettere, luogo d’incontro di personaggi di spicco.

A Venezia nacque Fiorenza Vendramin, figlia del nobile Francesco, proprietario del Teatro di San Luca dove Carlo Goldoni scriveva e recitava le sue commedie. Data in sposa al marchese vicentino Filippo Luigi Sale Manfredi, subì le invidie e le maldicenze delle nobildonne locali a causa della sua bellezza e della sua cultura. Non aver procurato l’erede maschio ed essere accusata di tradimento coniugale non l’aiutarono di certo a guadagnarsi la stima della famiglia Sale che per prima depreco i suoi atteggiamenti reputati poco consoni al suo stato sociale. Recatasi in un’osteria con un gruppo di amici durante l’invasione francese, scrisse con il carbone sul muro “La marchesa e quattro amici furono a cena qui in Cosanza”. Si suicidò con una massiccia dose di oppio.

Sempre in ambienti veneziani si formò Elisabetta Caminer che divenne vicentina in seguito alle nozze con il botanico Antonio Turra. Seguendo le orme paterne fondò e diresse un giornale, con redazione e stamperia in Contra’ Canove Vecchie. Il Giornale Enciclopedicoraccoglieva notizie storiche, aneddoti, novità letterarie e scientifiche prodotte da vari giornalisti e veniva distribuito in tutta Europa.

Dell’importanza dell’informazione si rende conto anche la contessa Ottavia Negri Velo che nel 1797 iniziò a tenere un diario giornaliero degli eventi politici, amministrativi, sociali e di costume della città. L’invasione francese prima e quella austriaca dopo, vennero registrate fedelmente, fornendo un prezioso resoconto di quasi diciassette anni di storia locale.

Un altro spaccato di tradizioni venne fornito dalle traduzioni dal francese di Angiola Sommariva Peracchi, una vicentina trapiantata a Milano dove traduce un’interessante raccolta di “buone maniere” raccomandate da una madre alla propria figlia con lo scopo di agevolarla nella sua nuova condizione di donna sposata.

“Ho il busto in belle forme armonizzato, nera la chioma e ho pur l’occhio nero, il guardo muovo altero”, così si descrive Vittoria Madurelli, sposa dell’architetto Giovanni Battista Berti. Una donna coraggiosa, ironica, passionale che ci ha lasciato una numerosa bibliografia. Amante della letteratura e del teatro, frequentava con il marito una ristretta cerchia di amicizie con la quale condividevano interessi e progetti.

Tracce via via più numerose di donne possiamo trovarle attraverso il secolo XIX.
Nei depositi del Museo Civico sono conservate dieci opere in gesso di Adele Caregaro Negrin, figlia dell’architetto Antonio. La sua formazione avvenne probabilmente sotto la guida di Eraclio Minozzi. Eseguì in particolare numerosi ritratti di personaggi illustri contemporanei, avendo intuito il valore e le positive ricadute che questo tipo di ritrattistica poteva avere in termini di affermazione artistico/professionale.

Anche Maria Scola Camerini espresse il suo talento artistico attraverso la scultura. Figlia del conte Giovanni Camerini, senatore del Regno, e della contessa Luisa Raimondi del Podio, visse a Creazzo dove trasferì nel gesso e nel bronzo le figure minori e maggiori della società locale, i parenti e le grandi personalità della sua cerchia di amicizie.

Dalla metà del Novecento la pittrice Luciana Sonda, allieva di Cadorin a Venezia e del maestro Kokoschka all’Accademia di Salisburgo, partecipe a Vicenza all’attività della Galleria “Il Calibano”, dipinse ritratti con tratto di forte energia espressionista ispirandosi anche a soggetti presi dal mondo della musica.

Mina Anselmi, allieva di Milesi in contatto con la Galleria San Fedele e l’ambiente milanese, aderì al movimento del Novecento per poi virare verso una pittura di tocco con figure stilizzate tracciate con segno duro e incisivo.

Nerina Noro, figlia d’arte e allieva di Saetti, dopo gli studi all’Accademia di Venezia si dedicò all’insegnamento nel vicentino. Impiegò le tecniche dell’affresco e una pittura in tonalità calde, con colori soffusi e assonanze della Scuola Romana in cui prendono forma i suoi molti ritratti e un mondo che sconfina nel simbolismo e nel surreale.

Renata Bonfanti, erede spirituale dei laboratori di tessitura de Bauhaus, pratica la sua produzione con telai per dar forma a un design approntato sulle tecniche della tradizione artigianale producendo arazzi e oggetti tessili con una fantasia modulare in infinite possibilità di variazione.

Luciana Gianello, artista impegnata nel campo della Fiber Art, compone personalissimi interventi sui tessuti rivisitando antiche tecniche dell’arte tessile e sperimentando innovativi ricerche artistiche, combinando materiali inconsueti e lavorando sulle loro possibilità tridimensionali per rendere effetti spaziali di luminosità e trasparenza.

La pittrice Laura Stocco impiegando il vibrare cromatico delle materie, sabbie e colori come soggetti, imprime un’attitudine lirica a un modus operandi declinato sulla memoria in cui la luce e gli spessori assumono un ruolo importante per creare astrazioni dove rigore ed eleganza tracciano i richiami di un campo energetico che volge all’armonia.

Nicoletta Paccagnella, ceramista di Nove, si ispira per le sue opere al mondo delle fiabe, ai sogni e alle sensazioni dell’infanzia, ricercando suggestioni dal passato, da motivi tribali ed arcaici, ma anche da segni del vissuto quotidiano femminile, imprimendo sull’argilla tracce delicate e beneaugurati.

Daniela Vettori, che per anni ha espresso la sua creatività attraverso la pittura e la scultura, si è dedicata da autodidatta alla forgiatura del metallo, impiegando l’oro giallo e le pietre in una continua sperimentazione, cogliendo nei suoi gioielli forme di foglie accartocciate, fiori, bacche e cortecce attraverso la scolpitura a cera persa, il trattamento con il fuoco e la paziente battitura a martello.

Barbara Uderzo è designer di gioielli ma non solo orefice. Crea anelli vivi in cui abitano piante grasse succulente, prende a spunto le ossa delle vertebre per fare anelli dai nomi “terribili” e mette panna e mele, campanellini e murrine intorno alle dita di chi apprezza l’arte ironica e creativa, oltre a comporre Catene Rocciose in maglie d’argento e far sciogliere anelli-candela.

La scultrice Marta Caleari declina un mestiere troppo spesso esercitato solo al maschile plasmando le sostanze nude per rivestirle di storie e di significato, per dare alla luce forme contemporanee attraverso superfici inedite. Parte importante della sua ricerca più recente è l’impiego delle resine i cui spessori e traslucenze creano sculture bifrontali in cui la dimensionalità è data dal sovrapporsi di più strati.

Veronica Veronese Palmieri fotografa l’anima del contemporaneo nelle apparizioni fugaci delle sue composizioni, cattura presenze in sequenza che, come racconti visivi virati in color cherubino o avvolti in un rosso amniotico, imprigionano scorci e figure smaterializzate, decalcomanie di protagonisti misteriosi.