antonio-pascale-salone-libro-torino-dolp-dove-osano-le-paroleAl Salone del Libro di Torino, eccoci ad un interessante conferenza – sull’evoluzione e sul progresso dell’uomo – tenuta da Antonio Pascale e Amedeo Balbi.
Come è stato possibile che milioni di anni fa in un ambiente naturale ostile gli uomini siano riusciti a sopravvivere, sviluppando la capacità di evolversi sino a essere quello che sono oggi? Una delle teorie più affascinati che lo spiega è quella dei “neuroni specchio”: il nostro cervello agisce per imitazione dei nostri simili. Così gli uomini primitivi, osservando come i loro padri si difendevano dal gelo o dalla fame hanno imparato a fare altrettanto. E dunque, «hanno imparato a crescere, sono diventate persone colte e hanno sconfitto la natura».

Tra divulgazione scientifica e narrazione dai toni teatrali lo scrittore e giornalista Antonio Pascale (scrive per il Mattino, il Corriere della sera, Limes, suo è il libro “Democrazia: cosa può fare lo scrittore?”, considerato da Alessandro Baricco uno dei 50 libri dell’intera letteratura mondiale da salvare in caso di catastrofe) si muove con disinvoltura, rendendo semplice quello che semplice non è affatto, curiosi quei dettagli di cui altrimenti si farebbe volentieri a meno, accattivanti le storie spesso noiose raccontate nei libri di scuola.
Con la simpatia di chi è nato e vissuto in un contesto partenopeo e l’acume dello scrittore sopraffino, l’altra sera insieme al giovane astrofisico e astrobiologo Amedeo Balbi, ha raccontato, all’interno degli appuntamenti organizzati per il Festival della scienza, l’origine dell’Universo nella conferenza-racconto “Dal Big bang alla civiltà in sei immagini”. Più accademico e dal piglio rigoroso Balbi (lavora all’Università Tor Vergata, e oltre ad aver pubblicato una mole immensa di lavori scientifici è anche stato allievo del Premio Nobel George Smoot), più viscerale e passionale Pascale, è con una vecchia registrazione di un discorso di Richard Feynman, astrofisico statunitense morto nel 1988, che si parte. Per ricordare, come fa Balbi, che se un gigante come lui dichiarasse di sentirsi confuso di fronte ai tanti quesiti che gli sorgevano sull’universo, l’uomo moderno è anche molto fortunato: «Siamo stati i primi a trovare le risposte a tante domande, come cosa sono quei puntini luminosi che la notte appaiono nel cielo». Risposte gli uomini primitivi ne avevano poche, ed è stato forse per fugare la loro ansia e sentirsi un po’ più vicini all’universo che hanno cominciato a dipingere la loro vita sulle rocce. Così spiega Pascale le pitture rupestri delle Grotte di Lescaux, nel sud della Francia, una delle sei immagini dell’intero viaggio che lui rende romantiche con la luce di una candela: «Chi ha visitato quelle grotte ha detto gli si è straziato il cuore – osserva –. Dire che si è straziato il cuore è un’espressione forte, poetica e significa che quei primitivi sono riusciti a trasmettere qualcosa». Ma quell’uomo primitivo è ancora troppo giovane rispetto all’Universo, che ha 13,7 milioni di anni. Ed ecco allora l’immagine primordiale di una Terra incandescente, dove il calore, spiega Balbi, pur rimanendo lo stesso, sì è via via espanso. Ecco la Nebulosa del granchio. Ecco la Cometa di Halley citata a simbolo delle comete per anni considerate portatrici di eventi infausti sin quando proprio Halley decise di studiarle con tanto di misurazioni e supportato dagli annuari astronomici. Fu sorprendente perché così facendo decise di usare il Sistema 2, un sistema razionale di analisi dei fenomeni che si distingueva dal Sistema 1, più impulsivo e viscerale, di cui fanno parte forma mentis o preconcetti, come il considerare che l’oggi sia peggio di ieri. E a proposito di questo, è proprio così? No, perché nel ‘900 l’uomo per la prima volta ha sconfitto la fame, ricorda Pascale. E per sapere che prima di fame si moriva il giornalista ricorda il Pinocchio di Collodi, tra le cui pagine non un solo personaggio ha mai vissuto con la pancia piena. E poi l’oggi ha un altro vantaggio: il formidabile scambio di saperi. Per dimostrarlo Antonio Pascale tira fuori il telefonino e pensa a tutti quelli che ci hanno lavorato: compagnie petrolifere, aziende produttrici di plastica, ingegneri che ne hanno studiato la tecnologia. Milioni persone stanno dietro a un telefonino.
Ma per questo ancora nessuno si sente straziare il cuore.