Domanda…quanto dura un secondo?
Tic tac, tic tac, tic tac.
Giusto il tempo che intercorre tra il tic e il tac, nel tic hai venticinque anni, hai un buon lavoro, una fidanzata splendida, giochi a calcetto tutti i venerdì, nel tac sei in sedia a rotelle e ti devono accudire come quando avevi pochi mesi per il resto dei tuoi giorni.
Nel tic sei una donna, hai cinquant’anni, un lavoro, due figli che continui a crescere con tanto amore, un marito che ancora ti ama, nel tac ti ritrovi in un centro per disabilità acquisita.
Nel tic sei viva!
Hai ventidue anni e un bambino piccolo, hai i capelli biondi e lunghi e sogni di fare l’attrice, complice un grazioso neo tipo Marilyn.
Nel tac un orditoio ti incolla alla sua trama, non riesci più a muoverti, ti avviluppa, ti avvolge, ti rende bozzolo di se stessa.
E sei morta.

Inizia e finisce nel nome e nel ricordo di Luana D’Orazio, la giovane operaia morta nel 2021 in una fabbrica tessile di Montemurlo, lo spettacolo Quanto dura un secondo. Non si scherza con la sicurezza.
Sul palco Gianluigi Meggiorin e Paolo Piludu, a ricordare che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro e tale repubblica spende ogni anno circa cinquanta miliardi di euro per formare, informare, addestrare, prevenire, ispezionare, indagare, tutelare, guarire e risarcire tutto quanto concerne il tema di Salute e Sicurezza sul Lavoro.

Malgrado tutto ciò, nel 2021 le denunce di infortunio segnalate a INAIL sono state 555.236, le malattie professionali 55.288, i decessi 1.221.
Quindi, c’è qualcosa nel sistema che non funziona come dovrebbe e lo si rileva leggendo altri pochi ma significativi dati.
Le cause degli incidenti sul lavoro sono riconducibile per:
–  l’80% al fattore umano
– il 18% al fattore tecnico
– il 2% dal fattore accidentale

Su questo 80X100 si srotolano i sessanta minuti di monologo di Meggiorin accompagnato e supportato, in maniera altrettanto magistrale, dalle abilità di equilibrio, coordinazione, riflessi e mimica di Piludu.
Due attori di lungo corso, con importanti esperienze e riconoscimenti alle spalle, che ci ricordano quanto il teatro sociale, il teatro di comunità o il teatro educativo, siano una forma di comunicazione molto raffinata, che unisce la parola all’azione per trasmettere concetti importanti attraverso canali diversi da quelli di una conferenza o di un corso su un argomento, spesso meno incisivo in quanto noioso.
Questo genere di teatro non ha come obiettivo primario il prodotto estetico, il mercato e l’intrattenimento, tipici del teatro d’arte, commerciale e d’avanguardia, ma ha come finalità il processo di costruzione pubblico e privato degli individui.

Nel caso di Quanto dura un secondo. Non si scherza con la sicurezza, il paradosso si coglie già nel titolo. Non si scherza nella vita reale, si scherza a teatro, soprattutto si ride, cogliendo a piene mani la filosofia di Henri- Louis Bergson (Premio Nobel per la Letteratura nel 1927) autore di una importante e largamente citata tesi sulla risata e sul ruolo del comico (Il riso. Saggio sul significato del comico, a cura di F. Stella, Rizzoli, Milano, 1961).

Il riso, questa la tesi di Bergson, è un fenomeno con una sua precisa utilità, la quale consiste nel correggere tutte quelle forme di irrigidimento contro la vita sociale che sono troppo blande per essere sanzionate materialmente dalla legge o dalla morale, ma che nondimeno minacciano il suo pieno sviluppo.
La sua indagine comincia con tre semplici constatazioni. Innanzitutto, non si dà comicità se non in ambito strettamente umano. In secondo luogo, lo scatenarsi del riso si caratterizza necessariamente per una insensibilità, quantomeno momentanea. Non si può ridere di qualcuno, a teatro come nella vita reale, se si empatizza con la sua condizione.
Infine, il riso è sempre il riso di un gruppo, di una comunità; quella degli spettatori al teatro o al cinema, ma altrettanto quella di compagni di scuola, colleghi, concittadini. A ridere è sempre una data società, accumulata da un pensiero, un sentire comune; e infatti la comicità risulta spesso intraducibile da una lingua all’altra, da una cultura all’altra
Il riso, insomma, rinsalda le relazioni sociali tra coloro che ridono, a qualsiasi scala di grandezza ci si ponga. Li avvicina, cementa la loro unione, rafforza il gruppo sociale attorno a un determinato argomento. Citando ancora  Bergson “non si ride da soli”, per ridere bisogna essere in più e lo stesso vale per la commozione e il pianto. (fonte: Henri Bergson, Il riso. Saggio sul significato del comico di Raffaele Ariano)

La risata è dunque il grimaldello utilizzato dai due protagonisti per creare un varco attraverso il quale far passare i concetti primari ed ottenere l’attenzione necessaria sui temi importanti della sicurezza e della salute sul lavoro.

Lo spettacolo non sostituisce chiaramente i corsi (obbligatori!) in tema di formazione dei lavoratori in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Può essere però propedeutico, in quanto accende molte curiosità e anima molti dubbi.

Il suo intento è quello di creare curiosità attorno all’argomento, di suscitare la giusta dose di paura, di fare breccia tra le difese del pubblico, in modo tale da lasciare che si depositino i concetti di base e le immagini più rappresentative.
Quando i presenti in sala si troveranno ad affrontare una formazione sulla sicurezza, potranno avere le risposte anche ad alcune domande che lo spettacolo lascia volutamente in sospeso.


Quanto dura un secondo. Non si scherza con la Sicurezza
Con: Gianluigi (Igi) Meggiorin e Paolo (Pilu) Piludu
Drammaturgia di: Gianluigi Meggiorin
Messa in scena: Massimo Somaglino
Consulenza tecnica: Luigi Tecchio

Quanto dura un secondo. Non si scherza con la Sicurezza è uno spettacolo pensato per essere rappresentato sia in teatro che su un palco di piccole dimensioni, come in altri contesti (luoghi di lavoro, scuole, palestre, sale riunioni, ecc).